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RECENSIONI di:

- Gabriella Incerpi

- Sinvia Ranzi

- Anna Anni

 

ANTONIO CERRA: PITTORE e GRAFICO di Gabriella Incerpi

Viene spontaneo, a chi guardi l’opera grafica e pittorica di Antonio Cerra, ammirarne innanzitutto le grandi capacità disegnative e la perizia con la quale padroneggia tecniche artistiche di antica tradizione: dalla tempera all’uovo all’affresco, dalla morbida incisione a cera molle alla sottile esattezza della grafite. Una capacità di resa della realtà nitida e dettagliata, degna dei maestri del passato.

Il percorso che lo ha portato a tali livelli esecutivi ed espressivi è semplificato dalle opere qui presentate, che mi sembra contengano, pur nella loro diversità, una cifra stilistica comune.

Frutto degli studi giovanili a Palmi, la “Ragazza che legge”, olio del 1967, mostra già buona padronanza della forma mentre una resa pittorica quasi impressionistica ne esalta la luminosità solare, con una particolare attenzione al riverbero filtrato della penombra.

Una analoga ricerca delle trasparenze della luce è presente in “Bugie”, disegno del 1986. Ma nel corso di un ventennio l’esperienza romana, il trasferimento a Firenze e soprattutto l’amicizia con Pietro Annigoni, hanno portato ad Antonio Cerra una sicura conoscenza del disegno ed una esattezza nella resa del reale che si esalta, nel bianco e nero, attraverso l’accostamento fra il nitore delle parti eseguite a grafite ed i più contrasti effetti del carboncino.

Caratteristiche che troviamo in “Gallo” ed altri studi dello stesso periodo, memori forse della specializzazione in disegno naturalista e nella resa pittorica sapientemente controllata ed essenziale di “Arance”olio del 1984. Mentre in “Marina di Palmi”, del 2005, i colori del sud acquistano il levigato splendore delle antiche tempere toscane.

Negli anni seguenti l’artista prosegue con passione le sue ricerche sui mezzi espressivi e sperimenta nuove tecniche: l’affresco che richiede una realizzazione sicura e veloce, l’incisione il cui tratto si sgrana nella cera molle.

In “Contemplazione”,che riprende nel 2004 a sanguigna e brace il tema di “Bugie”,il segno è ormai sapientemente sciolto e contrastato e rende la penombra più inquieta.

Una sicurezza ed una libertà espressiva pienamente espressa nella bella serie di teste, ancora a sanguigna,  di questi ultimi anni, da “Gitana” a “Dino” e nei ritratti per i quali è giustamente noto, dove l’acuta osservazione dei tratti individuali si accompagna ad un rigore formale che rimanda alla migliore tradizione figurativa italiana.

Il predominante interesse per la figura è d’altronde confermato dalla copiosa ed impegnativa produzione di opere a soggetto sacro, dalle pale d’altare alle vetrate istoriate, che evidenziano ancora una volta le sue capacità disegnative ed un sicuro senso compositivo, anche nelle grandi dimensioni. Una menzione meritano infine i soggetti floreali, dal botanico “Iris” all’affresco “Fiori di campo” con i suoi fiammeggianti papaveri e le recenti nature morte a pastelli, in cui con straordinario equilibrio e padronanza del mezzo tecnico vengono resi cromatismo e forma di oggetti quotidiani ed elementi naturali, luminosi riflessi e lievi ombre portate.

 

L’APPROCCIO ALL’ARTE SACRA “LA  DEPOSIZIONE” di Anna Anni

Da tempo seguo l’attività del pittore Antonio Cerra.
Fin dall’inizio mi ha vivamente interessato il realismo sobrio ed asciutto delle sue opere grafiche e pittoriche, condotte sempre, con lucida coscienza formale.

I suoi lavori hanno una forte impronta personale; infatti egli rifiuta facili soluzioni e superficiali riferimenti. Ciò è particolarmente apprezzabile se si considera che Antonio Cerra è autodidatta.

In una delle sue opere “ La Deposizione”, i motivi di fondo del suo linguaggio pittorico emergono con evidente chiarezza; il tema è bloccato e concentrato in pochi, essenziali elementi: le due figure, Cristo e la Madonna, campeggiano nello spazio con vigoroso accento plastico-volumetrico.

Lo scabro, sassoso ambiente, il tronco senza vita, la luce bassa, diffusa, proveniente da un fioco tramonto, le tinte pacate, calde, valorizzate da sapienti toni di azzurro spento, tutto concorre a dare un senso di abbandono e di morte ed al tempo stesso di intima profonda religiosità.

 

CONSONANZA TRA REALE E IDEALE NELLE OPERE DI ANTONIO CERRA di Sinvia Ranzi

Antonio Cerra, artista di origine calabrese, fiorentino d’adozione, presenta un talento innato per l’Arte, coltivata e maturata con costanza ed alacre impegno fin dagli anni giovanili presso discepolati che hanno affinato la sua predisposizione alla tecnica disegnativa e pittorica.

Eccellente disegnatore, di ineccepibile disinvoltura, è animato da un rispetto reverenziale per la tradizione classica.
Le sue opere, desunte ad ampio spettro dalla verità naturalistica, denotano verosimiglianza oggettiva, cura del dettaglio concepita nell’armonico equilibrio compositivo dell’insieme e rispetto della sintesi prospettica con attenzione alla resa plastica dei volumi.

L’ordito segnico risulta ispirato intimamente dalla tensione etico-ideale che trapela dall’eleganza di linee e tratteggi, ombreggiature e sfumati, eseguito con scioltezza magistrale.

Per Antonio  Cerra è stato determinante il  rapporto d’amicizia con il Maestro Pietro Annigoni dal quale ha assimilato il fascino per l’applicazione di tecniche antiche e la miscelazione di ricercati pigmenti, portando a compimento lo studio del volto umano nella grammatica delle sue proporzioni.

Rigoroso e gestuale è autore di singolari “Teste” dalla linearità fluente, che risentono di un’aura mitologico-arcaica per l’austerità del tessuto grafico a sanguigna o a carboncino e grafite in cui esprime la caratterialità dei personaggi tratti dal quotidiano come “la gitana”, ” la contadina” o desunti con ieraticità dalla sfera epico-religiosa, per impegnarsi infine nella realizzazione di pregevoli ritratti di personalità famose in cui la resa psicologica si fa penetrante nella descrizione della dinamica degli aspetti fisionomici.

Raffinata, per simbolismi e purezza di linee dai delicati e calligrafici contorni, è la cospicua serie grafica di “visioni idilliache” che ha per protagonisti esili figure di fanciulli per richiamarci al Mito dell’innocenza in una sottile elegia classico-sentimentale entro la silhouette idealizzata delle forme e nel gioco atmosferico d’ambiente: ”Germoglio”, ”Contemplazione”, ”Il bacchino”, ”Il David”.

Da abile disegnatore a illustratore botanico, il passo verso l’attività incisoria ha rappresentato il naturale sviluppo delle sue innegabili capacità di raffigurazione, dando origine alla produzione di esemplari di raffinata fattura realizzati ad acquaforte, acquatinta, vernice molle, laboriose tecniche in cui la trama incisoria si concreta su soggetti prediletti: volti, nature morte, animali, paesaggi.

Il suo linguaggio figurativo, che sa coniugare forme e contenuti all’insegna di un bello ideale incarnato nella vivezza di un realismo moderno, ha preparato la strada alla sua convinta adesione all’Arte sacra, lavorando alla realizzazione di numerose opere e giungendo all’elaborazione di un importante ciclo progettuale per vetrate artistiche – Chiesa Madre S.Nicola di Mira a Trebisacce (Cosenza) – che si distingue per la solenne ideazione figurativa e studiato apparato decorativo simbolico.

Ampia e variegata è dunque la competenza di questo valente artista professionista che predilige la figura umana quale tematica al centro del suo interesse estetico, ma dimostra di padroneggiare bene composite e vivide nature morte e deliziosi assemblaggi floreali, sa tracciare descrittive immagini di simpatici animali da cortile, sino a ritrarre le atmosfere cromatiche calde e brillanti del solare litorale di Palmi nelle atmosfere cristalline del profondo Sud, in un affondo di giovanile rievocazione del luogo caro alla memoria affettiva.